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Il 2017 sarà l’anno dell’esperienza utente e della customer experience. È l’anno del cambiamento globale.

Nella seconda metà del 2015 la consapevolezza del mercato e delle aziende è cambiata, è cresciuta ed è maturata. Il primo quadrimestre del 2016 è passato assestando i primi fondamenti, ma ancora ci si sta guardando intorno, cercando di comprendere le nuove logiche di Digital Trasformation e multichannel experience. Ma nella seconda metà 2016 saremo pronti a fare il salto in avanti, e ad innovare sempre di più, in preparazione al 2017.

Ecco qualche punto su quello che ci troveremo a preparare ed affrontare nei prossimi 6 mesi.

Customer experience ed employee experience

Negli ultimi anni si è valutata la customer experience pensando che fosse l’unico punto di contatto tra azienda e consumatore. Adesso la customer experience è globale, multilivello e soprattutto multicanale.
Quest’anno la customer experience dovrà essere valutata come verticalizzazione della user experience.
Ma abbiamo solo analizzato metà della mela, metà della storia. Per creare ottime customer experience le aziende devono prima creare ottime employee experience, esperienze legate ai dipendenti (o agli stakeholder).

Quante esperienze conosciamo e vogliamo mettere in gioco?

Dipende dal contesto e da cosa l’utente trasmette e comunica. Le esperienze sono interconnesse e strettamente correlate tra loro: non può esserci customer experience senza user experience ed employee experience.
Senza questa triade la tanto adorata customer experience è destinata a cadere ed appiattirsi, con evidenti conseguenze a livello di acquisizione utente e retention.
Quest’anno le aziende dovranno cominciare a dedicare tempo e risorse alla costruzione (e in molti casi qui in Italia, la costruzione da zero) di una fantastica esperienza dipendente o employee experience.

Ne avevo già parlato in un altro post dedicato. La employee experience guiderà la costruzione di una customer experience di valore, solida e duratura.

Il caso Disney

Molte aziende si stanno muovendo in questa direzione, e i primi risultati sono chiari e cristallini. Employee Experience non vuol dire solo creare tool e strumenti (leggete: intranet) che semplificano e snelliscono il lavoro, ma principalmente significa rivedere l’esperienza a livello di sistema complesso: strumenti, processi e touchpoints.
Disney l’anno scorso ha introdotto, per semplificare l’esperienza all’interno dei Disney Resort, il MagicBand (braccialetto RFID), creando intorno all’oggetto un’esperienza senza eguali: è possibile fare tutto attraverso il braccialetto, dall’accedere alle strutture o effettuare acquisti, addirittura configurando un braccialetto per i figli con limiti di spesa giornalieri.
Disney ha creato un sistema per sostituire il tempo perso per pagamenti e biglietti con del tempo speso per aumentare i momenti di interazione con i visitatori.

Da transazione ad interazione

Quello che prima era una transazione, un binomio stimolo/reazione, è diventata un’interazione, un’esperienza interattiva, una triade stimolo/reazione/feedback. Il touchpoint da passivo è diventato attivo, da silente è diventato parlante, raccogliendo dati comportamentali ed intimi sul suo utilizzo.
Disney ha preso del tempo per capire e sfruttare i dati sui clienti, e da qui ha imparato a creare esperienze personalizzate dedicate (ad personam), che a loro volta, permettono di ottimizzare i loro dipendenti.

Creare esperienze frictionless

Bisogna creare esperienze senza attrito per gli utenti.
Bisogna creare esperienze attese che sono percepite come “giuste”, come per Riccioli d’oro, che scelse la zuppa “che semplicemente andava bene”.
Capire approfonditamente i dati comportamentali degli utenti ed applicare le logiche di design predittivo sarà sicuramente di aiuto della creazione di questi ecosistemi esperienziali.

Non si deve cadere nell’errore di progettare solo le singole interazioni digitali.
Nel 2017 dovremmo pensare ad un esperienza olistica.
Dovremmo pensare “sensor first” più che “mobile first”. I sensori stanno prendendo sempre più spazio negli oggetti che ci circondano e stanno arricchendo il nostro day by day con informazioni in tempo reale (a cui alcune volte non possiamo fare a meno).
E in futuro saranno ancora più intrecciati con la nostra esperienza giornaliera. Si parla di smart cities, di dispositivi indossabili, di tatuaggi bioelettronici realizzati con vernice che assorbe luce solare e attiva il sensore di temperatura per la verifica dello stato sanitario del paziente.

Dobbiamo pensare a come possiamo iniziare a catturare questi segnali ambientali per contribuire a creare quella perfetta esperienza contestuale per i nostri utenti.
In un mondo in cui i clienti associano la decisione alla fatica, l’obiettivo è quello di dare loro meno opzioni e scelte, o meglio, quelle “giuste” per loro.

Invece, le aziende dovrebbero cercare di arrivare a conoscere il loro utente così bene da essere in grado di anticipare ciò che il cliente vuole senza dover chiedere o passare attraverso lo sforzo mentale di fare una decisione in più nel loro già denso giorno.


You make people happier not by giving them more options but by stripping away as many as you can.”

Cliff Kuang, Wired

“Law 1: Reduce.”

John Maeda

Creare esperienze connesse

Quello che ci hanno sempre insegnato, è che tutto deve essere armonioso, magari anche imperfetto, ma armonioso nel suo insieme. È il concetto giapponese dello Shizen, ovvero naturalmente spontaneo, fluido, qualcosa che nasce dal processo creativo.
Da domani le cose saranno sempre più complicate, come possiamo già vedere dal numero di oggetti fisici interconnessi che creano esperienze fisiche/digitali.
Wearables e IoT saranno aree di grandissimo interesse nei mesi a venire, soprattutto nella semplificazione dei processi e del behavioural data collector.

Creare un prodotto del genere, così strettamente interconnesso al mondo fisico, ha bisogno di un’approfondita conoscenza del mondo digitale, ma soprattutto bisogna focalizzarsi sul Product Thinking.
Le aziende non hanno questa visione olistica, ed è compito nostro spingerle verso questo approccio metodologico di successo, facendoli entrare nel vivo della progettazione.
Se si vuole avere successo, non bisogna pensare al singolo, ma al singolo all’interno della visione più globale.

“Avoiding a digital interface means you don’t waste time using a screen you don’t need to be using anyway.”

Golden Krishna, Google

In sintesi

Sarà fondamentale concentrarsi sulla creazione di esperienze multicanale, olistiche e soprattutto frictionless, che comprendano tutti i touchpoint tra clienti, dipendenti, stakeholder e decisori, sia nel mondo fisico, che in quello digitale.

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