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A che cosa serve quello che sto realizzando?
Che bisogno devo andare a soddisfare?
E di quale persona?

Queste sono solo alcune delle domande che chiunque dovrebbe pensare prima di iniziare un nuovo progetto. Che si tratti di produrre una nuovo tipologia di tende da sole o di una nuova pentola a pressione per cucinare pietanze, un sito internet o un’applicazione per comprare cesoie online, l’obiettivo che una persona ha quando progetta qualcosa – che, idealmente, nessuno dovrebbe aver realizzato prima – è che quel qualcosa serva o faciliti in qualche modo un’azione/attività.

Se il prodotto non è in grado di soddisfare questo obiettivo, esso diventa inutile, perché non verrà mai utilizzato per lo scopo per cui è stato creato, rappresentando così un fallimento per il progettista.

Attenzione, però! Con fallimento, non intendo qualcosa di meramente negativo, anzi! Sbagliare è positivo, perché spesso rappresenta uno step tanto utile quanto necessario per migliorare il proprio modo di progettare, pensare e fare le cose.

Si sa, realizzare qualcosa di usabile che possa soddisfare progettisti, clienti ed utenti finali non è affatto cosa semplice.
Dunque, dove bisogna concentrare tutti i propri sforzi?
Cos’è più importante, la perfetta riuscita di tutte le feature del prodotto o il raggiungimento dei risultati che quel progetto dovrebbe ottenere?

Feature e risultati di progetto non sono infatti la stessa cosa. Spesso il fallimento di numerosi progetti è dato non tanto dalla cattiva realizzazione tecnica del prodotto (le sue caratteristiche) ma dalla reale utilità del prodotto stesso (il risultato ottenuto dall’utilizzatore), che spesso soddisfa bisogni e risolve problemi sbagliati o a cui nessuno è realmente interessato.

Don Norman, psicologo, ingegnere statunitense e massimo esperto di architettura informativa, argomenta in maniera estremamente completa questo tema scrivendo svariati libri tra cui “La caffettiera del masochista”, in cui tratta di psicologia applicata agli oggetti quotidiani, e “Vivere con la complessità” che parla di semplicità e complessità ma anche della costante presenza di ostacoli nell’utilizzare oggetti elementari e di uso comune, come possono essere il sale ed il pepe.

Vi chiederete cosa c’entrino sale e pepe con il rischio di fallimento di un progetto. La verità è che, che si tratti di realizzare dei contenitori per il sale ed il pepe oppure un prodotto più complesso come un sito web, se non si progetta pensando all’utente, il risultato sarà senz’altro un disastro.

vivere-con-la-complessitaDon Norman lo sa bene e già attraverso l’immagine pragmatica della copertina del suo libro ce lo spiega. Guardandola capiamo come il contenitore del sale e quello del pepe siano praticamente identici e quindi impossibili da distinguere. Chi ha progettato questi due oggetti non ha tenuto conto delle difficoltà che l’utente avrebbe incontrato utilizzando due oggetti praticamente identici, differenziati soltanto dal numero di buchi sulla parte alta della superficie.

In quale contenitore ci sarà il sale? Quello con più fori? O quello con meno? Non ci è dato saperlo.

Presentandoci sale e pepe, l’autore ci introduce alla complessità delle cose e del mondo come aspetti concreti della nostra vita che vanno accettati e compresi.

Un altro esempio è dato dal bellissimo armadio della mia stanza. Se guardaste dentro il mio armadio a fiori, vedreste una serie di vestiti appesi senza alcun “ordine” apparente. In realtà, io che conosco i vestiti nell’armadio so che sono stati sistemati in base alla pesantezza del loro tessuto. Una volta saputa questa informazione e che la struttura è rivelata e compresa, la complessità svanisce perché possiedo “la chiave di lettura” per leggere le informazioni che mi stanno di fronte.

La complessità è necessaria perché la vita è complessa, al contrario della nostra mente che, dice Norman, è semplice per natura.

Attraverso l’esperienza, la nostra mente deve svolgere un grande sforzo attivando dei modelli, degli schemi per capire come funzionano le cose e come comportarsi in una determinata situazione piuttosto che un’altra.

In tutto questo, il design dell’esperienza utente gioca un ruolo fondamentale perché ci aiuta a trovare il modello adeguato per capire i funzionamenti delle cose. L’utente, infatti, viene guidato attraverso inviti e vincoli verso l’unico comportamento considerato adatto per quello specifico oggetto o situazione, evitando così un suo eccessivo sforzo cognitivo durante la fase di problem solving o di decisione.

Come per il sale ed il pepe, ci sono un sacco di oggetti che sono stati pensati e progettati per uno scopo ma poi si sono rivelati poco usabili, inutilizzati o addirittura rivisitati nella loro funzione.

spremiagrumi

L’immagine che vedete qui sopra mostra un utensile utilizzato per spremere agrumi realizzato dalla famosa azienda italiana Alessi, produttrice di numerosi oggetti di design. Questo prodotto è stato oggetto di molte discussioni: il motivo è dato dalla sua forma particolare, molto bella esteticamente ma che impedisce un uso funzionale dell’oggetto e questo perché:

  • L’oggetto ha una base instabile che impedisce di fare forza sul frutto e spremerlo.
  • Spremendo, è praticamente impossibile che tutto il succo dell’agrume finisca dentro il bicchiere sottostante.

Questo è un esempio lampante non tanto della “sbagliata” progettazione di un oggetto (non esiste infatti un giusto o uno sbagliato),ma di come, durante la realizzazione, si sia data maggiore importanza al lato estetico piuttosto che a quello di design, dove per design si intende progettazione dell’uso, non una “cosa fica” del tipo “Lo sai, Maria, il lampadario che hai a casa tua mi piace molto, si vede proprio che è un oggetto di design”. Un prodotto scomodo ha, semplicemente, un cattivo design.

Lo spremiagrumi e i contenitori del sale ed del pepe sono solo alcuni esempi tangibili di una progettazione che non ha tenuto in considerazione aspetti fondamentali come l’utilità e la modalità di utilizzo dell’oggetto. Attraverso l’elaborazione di idee, il coinvolgere persone, la conoscenza del proprio cliente e le sue necessità, il rischio di fallimento di un progetto diminuisce, perché si ha una conoscenza approfondita di tutte quelle che sono le informazioni e le dinamiche lavorative.

La bravura di un buon team, che sia per la progettazione di uno strumento o di un servizio digitale, non è solamente data dalle competenze tecniche dei suoi componenti, ma anche dalla capacità di quest’ultimi di mettere la propria esperienza a servizio del cliente seguendolo nella fase realizzativa di progetto e nello sviluppo, ma anche in quella precedente, di consolidamento dei singoli punti del progetto e degli outcomes da ottenere.

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