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Esiste una relazione tra il nostro ambiente, le parole che usiamo e quello che il nostro cervello vede? Il linguaggio è una delle più importanti caratteristiche dell’essere umano e ciò gli ha permesso di evolversi in maniera del tutto differente dalle altre specie del pianeta. La progettazione e l’interazione visiva di un prodotto digitale devono considerare elementi come la semantica e l’effetto che il linguaggio (sia verbale che visivo) ha sul cervello in modo inconscio: per capire il perché, approfondiamo insieme alcuni processi mentali e variabili di linguaggio che possono impattare sull’esperienza dei nostri utenti.

Visual Experience e processi mentali

Cosa è reale e cosa non lo è? Potrebbe sembrare una domanda filosofeggiante, ma in verità nel design è fondamentale conoscere come funziona il cervello umano, come ragionano le persone e come percepiscono la realtà che li circonda.

Se un elemento ambientale influenza in modo significativo le percezioni di un soggetto, questo diventa per lui un dato oggettivo, certo e replicabile.

Per esempio, la parola “paura” provoca sempre un’attivazione dell’amigdala, generando una reazione reale e tangibile nella persona.
Sono diversi i fattori che influenzano il comportamento degli utenti, come il bias della conferma (tendiamo a cercare prove che confermino le nostre attuali convinzioni) o l’euristica della disponibilità (stimiamo la probabilità che qualcosa possa succedere in base a quanti casi ci vengono in mente), e la progettazione di un touchpoint digitale deve necessariamente considerarli per aumentare le possibilità di raggiungere gli obiettivi di business.

Alla base, è essenziale tenere conto di:

Cecità selettiva: fenomeno per cui vediamo solo quello che per noi è più significativo in quel momento, escludendo altri elementi;

Priming: fenomeno psicologico per il quale l’esposizione a uno stimolo influenza la percezione dello stimolo successivo e le relative aspettative, per esempio nell’ambito semantico o sensoriale;

Framing: processo attraverso il quale il soggetto che comunica crea nella mente di chi riceve l’informazione un particolare scenario e di conseguenza influenza le scelte che potrebbe prendere.

Ogni variabile di un’interazione (parola, colore, etc.) può assumere un significato profondo e determinante all’interno del sistema a cui appartiene: entriamo più nel dettaglio di immagine e parola.

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Comunicare con il linguaggio visivo

Perché la mela rossa si vede meglio di una verde? Perché nel nostro occhio abbiamo più fotorecettori del rosso rispetto agli altri. Conoscere come siamo fatti a livello biologico è importante: scegliere un colore, che sia per un’app o un customer portal, non è mai solo una questione di estetica.

Non esiste il colore giusto: esiste quello giusto per il contesto e l’interazione che deve avere in quel determinato momento.

Quando vediamo un colore, il cervello apre degli scenari di significato immensi, una serie di concetti e pensieri legati ad ognuno di noi.

Possiamo distinguere tre livelli di azione:

1

Fisiologico: colori e immagini possono provocare effetti a livello biologico, come il rosso che fa aumentare i battiti cardiaci, gli elementi simmetrici che rilassano il cervello perché deve fare meno sforzo, o le onde del mare che hanno un effetto ipnotico e meditativo;

2

Sociale: alcuni colori assumono significati diversi a seconda del territorio, della cultura o della società;

3

Personale: si tende ad attribuire significati particolari ai colori in seguito ad esperienze personali.

La scelta del colore per un brand o per un background di un prodotto digitale influenza gli utenti e di conseguenza può anche impattare sul livello di vendite; allo stesso modo, anche la scelta delle parole è cruciale.

Affinare il linguaggio verbale

Il colore giusto può funzionare ancora meglio quando abbinato alle giuste parole: grazie al design, infatti, è possibile creare il mix biochimico più adatto a mettere l’utente a suo agio e proseguire nel customer journey che abbiamo progettato per lui.

Grazie all’effetto priming, la scelta di una parola può influenzare pensieri, comportamenti e stato emotivo. Il priming non è negativo né positivo: può essere solo funzionale o meno rispetto al risultato che vogliamo ottenere dalla nostra interazione.

La scelta delle parole è fondamentale per creare una connessione con la persona: occorre scegliere parole “buone” (come bene, cura, serenità, respiro, calma) e strumenti della retorica che richiamino un’idea di contatto e interazione. Prendiamo come esempio le metafore: l’espressione “attaccare un punto debole” ci dà un’idea di conflitto che può creare distacco, mentre “toccare con mano” ci fa pensare a vicinanza e contatto.

Una parola uguale può inoltre essere processata dal cervello in modo diverso a seconda del contesto in cui viene elaborata: anche nel linguaggio scritto infatti possiamo parlare di framing, in particolare di framing semantico.

Sapere che alcuni concetti scritti evocano dei frame nella mente dell’utente, ci permette di decidere cosa mettere prima e cosa dopo, o quali parole evitare.

Le parole sono importanti anche per dare all’utente la sensazione di ricompensa, legata al rilascio di dopamina: congratularsi e ringraziare la persona al termine di un processo di registrazione su un’app o di un acquisto su un e-commerce, scegliendo il giusto tone of voice, può fare una differenza tra una user experience empatica e coinvolgente e una distaccata e fredda.

I pensieri che ci vengono in mente quando interagiamo con un prodotto digitale influenzano la nostra user experience: tutte le variabili contribuiscono alla specifica versione della realtà che stiamo vivendo e bisogna quindi tenerne conto per progettare un’esperienza di successo.

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FONTI

  • P. BORZACCHIELLO e L. MAZZILLI, HCE: la scienza delle interazioni umane, Gribaudo, 2020;
  • G. LAKOFF e M. JOHNSON, Metafora e vita quotidiana, ROI edizioni, 2022;
  • J. ALBERS, Interazione del colore: esercizi per imparare a vedere, il Saggiatore, 1963 (4).
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Sabrina Lucchese
Visual e Brand Designer

Sabrina si occupa di visual digitale e comunicazione da quasi 20 anni. In Intesys unisce l'esperienza e le competenze in brand experience, corporate design, visual design e interfacce digitali, progettando con diversi metodi e tecniche come il Brand Sprint e Archetipal Branding.

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