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Da Director dell’area Digital Marketing di Intesys, non posso rimanere insensibile alla tematica del Digital Workplace.

Che la qualità e la tipologia dell’ambiente di lavoro abbiano un influsso diretto sul benessere e sul rendimento dei lavoratori, è ormai generalmente riconosciuto.

Il passaggio successivo, secondo le ricerche di Gartner, è che si possa creare valore di business sfruttando ed incoraggiando l’abilità “digitale” dei collaboratori.

A dirlo sembra davvero scontato, ma in realtà non lo è.
Quante aziende non “sfruttano” le abilità personali dei propri collaboratori, semplicemente perché il loro ruolo non lo prevede? O perché i processi e le tecnologie presenti nell’ambiente di lavoro non permettono di mettere a frutto capacità e conoscenze?

Creare un Digital Workplace può ormai non rappresentare più una scelta ma una necessità, perché:

  1. Molti impieghi oggi richiedono un utilizzo pervasivo della tecnologia, che appare in continua crescita.
  2. Molte organizzazioni si stanno indirizzando verso un modello di business digitale, che richiede alla maggior parte dei collaboratori di prendere parte alla catena di valore.
  3. Chi è più veloce ed abile nello sfruttare le nuove tecnologie, sarà anche quello che avrà maggior vantaggio competitivo. E, visto che l’evoluzione tecnologica è inarrestabile, il gap non potrà che crescere.

La strada più breve e vincente per agevolare questo processo è utilizzare – dove e come possibile – anche nel luogo di lavoro le tecnologie che le persone usano nella loro vita privata: è il famoso concetto della “consumerizzazione”.

Se i nostri collaboratori conoscono ed utilizzano perfettamente le tecnologie nella loro quotidianità, e se queste possono tornare utili anche nella vita lavorativa, perché non sfruttarle?

Così facendo, la soddisfazione è duplice: per l’azienda, che può acquisire un vantaggio. Per i lavoratori, che si sentono valorizzati, e quindi possono restituire la propria riconoscenza in termini di flessibilità, responsabilizzazione, passione.

Un ambiente di lavoro così “consumerizzato” stimola l’impegno dei collaboratori, facilitandoli nell’affrontare le sfide lavorative, poiché attorno a loro hanno un universo dinamico in mutamento, che si traduce in:

  • Accessibilità alle tecnologie più svariate, a seconda dell’obiettivo da raggiungere.
  • Macchine “intelligenti” a propria disposizione.
  • Possibilità di usufruire della professionalità di collaboratori freelance.
  • Modelli decisionali agili, che abbattono le gerarchie e permettono di velocizzare i processi.
  • Richiesta della capacità di ricoprire ruoli diversi e aumentare il margine di responsabilità.

C’è uno stretto legame tra la capacità di abbracciare questo trend e quello di generare passione ed attaccamento nei collaboratori:

  • Una infrastruttura di questo tipo sicuramente disegna la loro vita lavorativa sulla base delle loro caratteristiche.
  • Permette un maggiore riconoscimento del contributo di ognuno, attraverso un ambiente più aperto e “social”.
  • Promuove un processo in cui l’apprendimento e l’acquisizione di conoscenze non hanno mai fine e si accompagnano allo sviluppo di attività e progetti.

Non vorrei apparire trionfalistico nei toni: indubbiamente i lati positivi sono molteplici, ma il Digital Workplace non è la panacea di ogni male. Inoltre, creare i presupposti perché si verifichi uno scenario come quello appena delineato è molto più facile da dire che da realizzare.

Tra le principali criticità, senza dubbio bisogna considerare che un simile panorama prevede una accordo tra le svariate aree aziendali: dall’IT alle Risorse Umane, fino al marketing e alla comunicazione.
Ciononostante a mio avviso è un modello non al quale solo bisogna tendere, ma che diventerà sempre più necessario per le aziende che vogliano creare e mantenere vantaggio competitivo.

 

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Alessandro Caso
Chief Digital Officer & Partner Intesys

Chief Digital Officer e Partner di Intesys, Alessandro unisce il mondo del business e dell'IT accompagnando le aziende in percorsi di trasformazione digitale.

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