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Dopo aver parlato del futuro del lavoro, presentiamo questo articolo, scritto da Valentina Battafarano di In Job, in cui si parla di smartworking e di contratti di lavoro flessibili.

Vi ricordate quel film in cui Fantozzi conteggiava i secondi per riuscire a dormire il più possibile, prepararsi in maniera consona all’ufficio e prendere l’autobus per timbrare all’ora esatta?

Quanti di voi si sono sentiti o si sentono come lui?

A me è capitato di lavorare in realtà in cui anche i 10 minuti venissero conteggiati come ritardo non retribuito (ammetto di non conoscere il termine tecnico) o straordinario pagato. Anche se questo sistema mi faceva guadagnare più di quello che perdevo…

…era una vita decisamente stressante

Ora che il Presidente della mia attuale azienda ha rivelato i progetti pilota per l’introduzione dello smart working, posso ammettere di essere curiosa e ansiosa di vedere come questa metodologia di lavoro si sposerà con il sistema aziendale italiano.

Poiché di natura sono una persona impaziente, ho deciso di chiedere ad un professionista che ha già la fortuna di poter lavorare in modalità flex in Inghilterra.

La prima cosa che gli ho chiesto è stata la sua opinione, la risposta oltre ad essere incoraggiante mi ha portato ad invidiarlo non poco:

“Devo dire che per me è davvero una grande conquista dato che nel precedente lavoro ero legato al classico sistema della timbratura, con tutto quello che ne consegue. Attualmente il mio orario è in self certification, i costi di gestione informatica sono ridotti al minimo e soprattutto riesco a conciliare le esigenze familiari senza per questo ridurre l’attività lavorativa. In azienda ci sono tante postazioni di lavoro free per cui il classico posto fisso inteso come desktop diventa relativo e superato.”

Credo che in Italia siamo rimasti indietro su questi temi e lo straordinario rimane ancora la discriminante più importante.

“Diciamo che ora non vedo più colleghi vivere in azienda e transitare ad intervalli regolari davanti alla scrivania del capo.”

Ci sono molte opinioni su queste nuove modalità di lavoro, dall’orario flessibile allo smart working “completo”, quindi la mia seconda domanda riguardava gli eventuali miti da sfatare:

“Non vedo lati negativi se non quello legato ad eventuale attività produttiva, in cui la presenza rimane necessaria.”

Al momento mi sembra funzionare molto bene

La cosa che mi lasciava più perplessa, invece, era la fattibilità ed adattabilità in territorio nazionale e la risposta ha parzialmente confermato i miei dubbi:

“Diciamo che la componente culturale ha una pesante influenza e forse in Italia sarà un po’ più complicato adattarsi. Detto questo, secondo me un primo passo si potrebbe già fare, specie in aziende di servizio dove la presenza in ufficio non è sempre essenziale.”

Ma la frase che ha dissipato tutti i miei dubbi è stata questa:

In sintesi oggi lavoro più di prima ma ho più tempo libero!

Io mi sono convinta ancora di più che ora sia il momento per l’Italia di cambiare anche in ufficio ed il primo passo potrebbe già essere stato fatto grazie ad una interessante proposta di legge.

Il DDL 2233 è ciò che mi fa sperare che l’Italia non sia così male come molti la disegnano, perché il suo testo guida un cambiamento mentale che potrebbe altrimenti diventare controproducente.

Se volete sapere tutto su questo Disegno Di Legge, vi consiglio di leggere l’articolo che trovate a questo link: http://tinyurl.com/z3djdm3 Qui abbiamo fatto una sintesi semplificata delle centinaia di pagine di linguaggio legislativo, spero davvero possa piacere anche a voi quanto è piaciuto a me!

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