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La sfida della trasformazione digitale parte dal presupposto di costruire soluzioni realizzate a partire dai bisogni e dalle aspettative delle persone. Progettare soluzioni informatiche, anche in materia di processi documentali, non è efficace se non si riescono ad intercettare questi bisogni e a soddisfare queste aspettative.

Consapevoli di questa necessità e alla ricerca di strumenti che ci permettessero di determinare il vero valore dei progetti abbiamo cominciato a ripensare i nostri modelli di analisi.

Come da tradizione per il mondo IT anche il nostro approccio ai progetti si fondava sulle caratteristiche funzionali proprie della tecnologia utilizzata, da cui si sviluppava la soluzione da realizzare e trasferire agli utenti, coinvolti magari soltanto per qualche intervista nelle fasi preliminari allo studio della soluzione.

Sperimentati i limiti dei vecchi sistemi e alla ricerca di nuovi metodi, ci è venuto incontro un framework che stavamo utilizzando per la revisione della nostra organizzazione: Il Business Model Canvas.

Il Business Model Canvas, elaborato da Alexander Osterwalder, è uno metodo strategico per sviluppare modelli di business, consente di rappresentare visivamente il modo in cui una azienda crea e distribuisce valore.  Il Business Model Canvas è un metodo concettuale che si utilizza per organizzare l’attività dell’azienda: cosa produce, come lo produce, per chi e con quali risorse, identifica i clienti a cui si rivolgere, i fornitori e le caratteristiche del processo produttivo.

Il modello è costituito da 9 frame, al centro del modello c’è il prodotto identificato con il “valore” che esso produce e ai lati le due dimensioni che lo sostengono: le risorse e la struttura dei costi necessari per produrlo (a sinistra nel modello grafico) e i destinatari, i mezzi per distribuirlo e la struttura dei ricavi (a destra nel modello grafico).

Semplice ma non banale la matrice aiuta a definire fino ad un dettaglio inaspettato per i soli 9 elementi da cui è composta le caratteristiche di un’organizzazione, offre una piattaforma di confronto facile da interpretare e rende omogeneo il linguaggio anche di team eterogenei, sintetizza schemi di azione con luminosa chiarezza e propone spunti di riflessione puntuali e concreti su ipotesi da verificare e azioni da compiere.

Soddisfatti dalla capacità di questo strumento che, attraverso un processo creativo, definisce il filo conduttore tra tutti i tasselli che compongono un’organizzazione, abbiamo iniziato ad utilizzarlo anche nella progettazione di soluzioni applicative, approfondendo in modo particolare la sezione relativa al valore offerto e i segmenti di persone da raggiungere (attraverso l’uso anche di un ulteriore strumento di approfondimento messo a disposizione dal modello finalizzato proprio al design della proposta di valore) con risultati più che soddisfacenti.

L’idea di fondo è quella di stimolare il confronto tra diverse professionalità e funzioni incentrando il ragionamento sulle indicazione concrete e sui bisogni dei destinatari del valore che ci proponiamo di costruire. Destinatari che saranno identificati con diverse “personas”, per dirla con il marketing, siano i vari profili di utilizzatori diretti, i manager che si aspettano benefici dall’adozione, gli IT che giudicano la soluzione con metriche proprie.

Le aspettative delle persone sono quindi al centro di questo processo di analisi e le valutazioni partono dal lavoro che queste devono svolgere, dai benefici che si attendono nello svolgerlo efficacemente e nei problemi in cui incorrerebbero nel non eseguirlo. A questo quadro dobbiamo associare specularmente le funzionalità che permettono di svolgere il lavoro e i termini in cui queste migliorano l’efficienza nello svolgerlo e come si propongono di ridurre i rischi di non portarlo correttamente a termine.

Quanto più precisa sarà la descrizione dei benefici attesi e dei rischi e quanto più si individueranno metriche per una misurazione concreta tanto più potremmo individuare il valore della soluzione e stabilire le priorità e le risorse da dedicare allo sviluppo.

Oltre alla progettazione più efficace e alla vera centralità dei bisogni delle persone il metodo ci ha regalato anche la risposta ad una storica domanda: perché i progetti di gestione documentale sono spesso percepiti come non prioritari o non sono adeguatamente finanziati? E la risposta con tutta la bellezza delle risposte semplici è:

Perché se non si disegnano procedure capaci di portare un valore misurabile ai bisogni sentiti dalle persone o se non si riesce a rappresentare questo valore in modo chiaro e comprensibile queste saranno sempre considerate superflue o troppo costose.

Se hai piacere di approfondire o vuoi scambiare un veloce parere, scrivimi nei commenti, aumenterai la visibilità di questo post e tutti potranno seguire la discussione.

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