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Qualcuno sostiene che la prima impressione conta. Qualcun altro sostiene che la prima impressione è nulla senza la vera sostanza. Chi ha ragione? Cos’è più importante? La risposta non è affatto semplice, soprattutto perché il peso dei due estremi è diverso in ogni contesto.

Prendiamo in considerazione i social network.
Pochi giorni fa, nella mia familiare Timeline di Facebook che scorro tutti i giorni, mi è capitato di soffermarmi su un articolo a dir poco terrorizzante.

social media attenzione

Un po’ strano, vero? Eppure, un post Facebook così composto ha passato il mio “security check” mentale e mi ha spinto all’apertura per una lettura più approfondita. E no, state tranquilli, non c’è nessun asteroide in arrivo a luglio per rovinarci l’abbronzatura.

L’articolo era ovviamente una bufala, ma orchestrata in maniera molto particolare: un vero e proprio test per misurare quante persone avrebbero condiviso la notizia sui social network senza aver neppure aperto il link. Il contenuto, infatti, oltre a mettere subito le mani avanti sulla falsità della notizia, mette anche all’attenzione gli esiti di uno studio della Columbia University. Tale studio rivela che il 59% dei link diffusi nei social media non vengono neppure aperti.

“People are more willing to share an article than read it. This is typical of modern information consumption. People form an opinion based on a summary, or a summary of summaries, without making the effort to go deeper.”

Questo è un grosso problema per la cultura delle persone, che può essere facilmente distorta da contenuti falsi. Ma non è questo il punto su cui voglio andare a parare. Quanto può interferire questa scoperta con le attività di Web Marketing, in particolar modo con il Social Media Marketing?

Ed ecco che ritorniamo al punto di partenza. Sui Social Media non è facile mostrare la vera sostanza di un contenuto. Le persone semplicemente non hanno voglia di cliccare con la stessa energia che pensiamo quando siamo noi a pubblicare qualcosa. E anche se si dovessero soffermare per un momento, quell’istante deve essere davvero memorabile per spingere a quella gran faticaccia che è l’apertura di un link e la visita del sito web.

È una gran sfida riuscire a parlare attraverso un semplice post, così come è difficile spingere all’acquisto di un libro attraverso la sola copertina. Lo spazio concesso a tutti è di piccole dimensioni, i caratteri sono pochi e, ribadisco, gli utenti non si fermano a studiare tutti i contenuti che vengono proposti scorrendo i loro social network preferiti. Semplicemente non abbiamo abbastanza tempo e volontà per capire cosa c’è dietro quel link. Per non parlare del fatto che, per via dei sempre più utilizzati algoritmi di selezione dei contenuti, il nostro post pubblicato non verrà visto da molti, ma verrà proposto ad un piccolo campione di utenti, testato e, soltanto dopo aver passato il test di gradimento, diffuso ad un altro piccolo campioncino, e così via.

Ciò che farà la differenza tra un post utile e uno sprecato è l’impressione: immagini, testi, ogni piccolo dettaglio deve essere indimenticabile e studiato meticolosamente. In diversi business c’è la convinzione che condividere un sito web sia sufficiente per attirare le persone, soprattutto se il servizio sottostante è interessante e – al di là di ogni presunzione – di qualità.

La verità è che anche un ottimo servizio, con una cattiva impressione, può diventare pessimo. Tralasciare la cura della comunicazione social potrebbe essere il peggiore degli harakiri per un business, soprattutto se il pubblico target a cui ci si rivolge è composto da giovani, quella difficile categoria di persone che probabilmente non guarda più la televisione e non ha neppure un telefono di rete fissa in casa da poter bombardare. Per qualunque tipo di attività non c’è cosa peggiore del perdere energie, tempo e denaro su un contenuto che non viene recepito dagli utenti per via di una scarsa considerazione dell’ultimo anello della catena.

Cosa fare per evitare questo per il proprio business?

Studiare un contenuto ad hoc è il consiglio migliore che si possa dare. Lasciare che il contenuto prenda forma sui social network in automatico (solitamente attingendo informazioni dalle istruzioni SEO della pagina) può essere deleterio, poiché il tipo di linguaggio utilizzato per apparire al meglio sui motori di ricerca a volte non è lo stesso che si utilizza per rendere un contenuto social “appetitoso”, soprattutto nei casi di attività SEO aggressive o basate su linee guida datate, in entrambi i casi penalizzanti sul lungo periodo. Per essere sicuri, sui social è sempre bene fare tabula rasa dei contenuti precompilati e pensare al messaggio e alle immagini con la propria testa, scegliendo i contenuti e le parole che meglio possano far dire “aspetta un attimo” ai tanti utenti che popolano ogni giorno i social network.

Questo non significa clickbaiting, l’attività di posting con obiettivo di “clic ad ogni costo” talvolta adottata nelle attività di stampo editoriale. No, qui si parla di quality content: un ottimo contenuto che mostri al meglio un ottimo servizio sottostante.

Ecco dunque il da farsi: pianificare le informazioni, stringerle nei giusti caratteri e, magari, testarle con un pubblico imparziale. E le immagini! Oltre che d’impatto, la priorità è che siano delle proporzioni giuste per il social di riferimento e dalla risoluzione tale da non sgranare su ogni tipo di device. Sembra semplice, ma è incredibile quante attività si perdono in questo semplice bicchier d’acqua, proponendo immagini tagliate o sgranate.

Se crediamo nel servizio che offriamo, dobbiamo essere pronti a descriverlo al meglio, in un battito di ciglia e con risorse limitate. Facciamo innamorare le persone, e facciamolo con il proverbiale colpo di fulmine.

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Un commento

  • Nanni ha detto:

    Questo è un problema del nostro tempo che assume proporzioni anche maggiori di quelle qui descritte, pensiamo ad esempio alla questione vaccini che ha rimesso in gioco una cosa data per scontata ormai: bisogna vaccinare i bambini.

    A guardarlo così il Social è un gran giornale fatto di soli titoli. Ora la questione è: abbiamo bisogno di un tacito accordo di etica della comunicazione fra i professionisti del Social media marketing. Hai un secondo per catturare e consumare l’attenzione, ma di quel secondo hai la responsabilità. Il problema è anzitutto culturale perché se io scrivo di aver avvistato gli alieni (senza che sia vero ovviamente) fra sette miliardi di persone trovo qualcuno che mi crederà.

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