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Il Customer Journey è un elemento chiave per comprendere qual è la strategia migliore di porsi verso i propri clienti. L’evoluzione dei canali digitali attraverso i quali gli utenti si informano sta facendo aumentare i possibili touchpoint, e l’attenzione dell’individuo finisce per essere dispersa: in questo scenario, che aspetto assume il percorso verso la decisione d’acquisto dei potenziali clienti? Come possiamo catturare l’attenzione di un utente che sembra essere dappertutto e in nessun luogo?

Scopriamo assieme come analizzare il Customer Journey per rendere vincente la vostra strategia di digital marketing.

Cos’è il Customer Journey?

A customer journey map is a visual representation of the process a customer or prospect goes through to achieve a goal with your company. With the help of a customer journey map, you can get a sense of your customers’ motivations — their needs and pain points”. (HubSpot)

La definizione di cui sopra, come mille altre di analoghe nel web, fotografa perfettamente il concetto accademico di Customer Journey.

Nella realtà, i customer journey sono come i fiocchi di neve: non ne esistono due di uguali. È ormai appurato che il percorso di un utente verso l’acquisto possa essere molto lungo, imprevedibile e addirittura schizofrenico. Non è un’opinione, lo dicono i numeri.

Lo vedo sistematicamente quando, dopo aver analizzato i dati aggregati (ad esempio con Google Analytics), mi concentro sul comportamento puntuale di ogni singolo utente, approfondendo i report di Hotjar o studiando le single customer view di HubSpot. Ci sono persone che tornano decine di volte sulle stesse pagine, a distanza di settimane, e non giungono mai a una decisione di acquisto (o comunque ad un’azione che dimostri un incontrovertibile interesse), mentre ad altre bastano un paio di clic per compilare un form contatti e diventare MQL (Marketing Qualified Lead) o addirittura SQL (Sales Qualified Lead).

A rendere il panorama così complesso e variegato – oltre alle caratteristiche di ogni singola persona – ha contribuito in maniera decisiva la proliferazione negli ultimi anni di device, piattaforme ed esperienze digitali.

Un percorso verso la decisione d’acquisto può saltare da uno smartphone ad un iPad, per poi volare verso una smart tv e planare sul comodo vecchio desktop. Per non parlare delle esperienze offline, che si mescolano a quelle digitali in un flusso che ormai non ha soluzione di continuità.

Inoltre è risaputo che il website aziendale o gli strumenti più “tradizionali”, come e-mail o telefono (quando usato per telefonare), non rappresentano più il fulcro della comunicazione: rimangono dei touchpoint importanti e fondamentali, ma inseriti all’interno di un ecosistema dove la relazione tra azienda e utente diventa più sciolta, pervasiva e probabilmente molto più intima. Gli utenti si informano attraverso YouTube, scambiano opinioni sui gruppi WhatsApp, leggono gli UGC (User Generated Content) sui portali verticali, cercano l’approccio via chat o tramite la messaggistica offerta dagli svariati social network, partecipano a DEMO, webinar e videocall, scaricano le app perché si stancano di dover navigare all’interno del web.

Digitare URL sulle tastiere degli smartphone, ma anche semplici keyword su google, affinare le ricerche andando sempre più in profondità, interpretare gli snippet nelle SERP per valutarne l’attinenza con le propria necessità: sono operazioni che iniziano a costare fatica, e un giorno l’utente non sarà più disposto ad accettarlo. Forse non lo è già più. La ricerca vocale, fatta non solo parlando al proprio smartphone ma anche agli assistenti come Alexa o Google Home, è già un esempio di abbandono della parola scritta e di rinuncia allo sforzo di approfondimento. Per non parlare dell’universo IoT e dei wearable: in quel caso non serve neppure impegnarsi ad interagire, fanno tutto loro e ci presentano le informazioni nel modo più personalizzato che si possa immaginare.

Inserire il Customer Journey in una strategia customer-centered

Se il Customer Journey è imprevedibile, vale la pena perdere tempo a studiarlo?
A mio avviso, la risposta è sì. E vale ancora di più la pena oggi, proprio perché ci troviamo davanti ad utenti che necessitano di contenuti chiari, rapidi, semplici. Persone che fuggono davanti alla complessità, che non sopportano la lentezza di caricamento, che si stancano appena qualcosa non va per il verso giusto. E che vogliono soluzioni già pronte e personalizzate al massimo.

Se il cliente è al centro, non possiamo permetterci di costringerlo a seguire le nostre regole. Dobbiamo conoscerlo e adattarci alle sue. L’obiettivo è sempre lo stesso: offrire la risposta giusta al momento giusto e nel posto giusto (inteso come device e/o piattaforma).

Nel mondo “reale” tendenzialmente siamo capaci di farlo: chi più chi meno, a seconda del nostro grado di empatia, del nostro umore, della nostra volontà (o possibilità) di accondiscendere alle richieste del nostro interlocutore.

Ad esempio, quando ci troviamo a parlare con un cliente, effettuiamo – più o meno consapevolmente – una serie di operazioni: studiamo la persona che abbiamo davanti, la sua consapevolezza nei confronti delle proprie necessità e della nostra offerta e ci adattiamo di conseguenza, scegliendo il registro più adeguato e snocciolando i contenuti che ci sembrano più in linea.

Se una persona è in fase Awareness, sta cercando di inquadrare il proprio problema e si sta guardando attorno in cerca di soluzioni. Non commetteremmo mai l’errore di spaventarla andando nei dettagli della nostra proposta, oppure esponendo un prezzo prima che sia capace di valutarlo a pieno.

Se una persona è in fase di Consideration o Decision, non ha tempo da perdere in chiacchiere. Vuole andare al sodo, ha già deciso la propria strada e ha bisogno di elementi tangibili che la guidino nella scelta. Un bravo venditore lo capisce e si comporta di conseguenza.

Nel mondo digitale, non esiste l’empatia. Non si può guardare l’interlocutore negli occhi, cambiare registro per via di una smorfia o un’espressione poco convinta. Non c’è il tempo di riparare a un errore.

Bisogna indovinare subito che tipo di persona abbiamo davanti e in quale stadio di consapevolezza nei confronti dell’acquisto si trovi in quel preciso momento: sarà così possibile fornire attraverso contenuti efficaci la risposta più adeguata, che permetta di costruire una relazione e passare ad una fase successiva del Journey.

Come fare? Mappando quali sono i differenti comportamenti dei nostri compratori a seconda delle fasi in cui si trovano, e costruendo dei possibili percorsi esperienziali che ne tengano conto.

Porsi le domande giuste per mapparlo

Una customer journey map rappresenta un’ottima griglia per sintetizzare gli aspetti cruciali del viaggio ideale verso la meta della Buyer Persona a cui stiamo rivolgendo la nostra comunicazione.

With the help of a customer journey map, you can get a sense of your customers’ motivations — their needs and pain points (HubSpot).

Non sono molte le domande che dobbiamo porci: quello che fa la differenza è il livello di dettaglio con cui riusciamo a trovarvi risposta. E, ovviamente, la capacità di trasformare quanto raccolto in una strategia di marketing che ci permetta di raggiungere i nostri obiettivi.

È essenziale innanzitutto conoscere quali siano le motivazioni che spingono le persone ad iniziare il percorso di acquisto: di solito, dietro a quelle più evidenti e concrete, si celano ragioni intangibili che possono rappresentare spinte ancora più efficaci.

Inoltre, per ogni fase del ciclo di acquisto, è fondamentale conoscere:

  • Quali siano i comportamenti tipici della nostra Buyer Persona (ad esempio, le keyword cercate in fase Awareness sono molto diverse da quelle digitate nei momenti decisionali)
  • Quali siano i canali (non esclusivamente digitali) attraverso i quali si informa in merito al proprio bisogno e a come soddisfarlo
  • Quali siano i messaggi chiave e le azioni che possiamo fare per aiutare questa Persona nel proprio viaggio

By mapping out the customer journey, you can understand what is interesting and helpful to your customers about your company and website, and what is turning them away. You can accordingly create the kind of content that will attract them to your company and keep them there (HubSpot).

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Alberto Mariutto
Inbound Marketing Strategist

Inbound Marketing Strategist di Intesys, Alberto accompagna i clienti nello sviluppo di progetti di Digital Marketing che siano in grado di raggiungere gli obiettivi di business, e al contempo permettano agli utenti di soddisfare i propri bisogni o desideri.

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