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Mentre in Europa stiamo facendo le corse per adeguare i nostri siti alle nuove linee guida sui cookie, in tutto il mondo sta avvenendo un processo molto meno visibile, ma con un impatto potenzialmente devastante sul modo di fare marketing digitale oggi: il “phase out” di Google nei confronti dei cookie di terze parti. Non è un caso che molti addetti ai lavori lo considerino tra i principali trend a cui dobbiamo prepararci per il 2022.

Sono una delle tante tecnologie di tracciamento che possono entrare in gioco quando un utente visita un sito web. Sono forniti da una terza parte, cioè creati da un dominio diverso rispetto a quello che l’utente sta visitando, e sono spesso collegati al funzionamento di un servizio di marketing: ad esempio permettono il tracciamento delle conversioni di una campagna, o di inserire un utente all’interno di un segmento di remarketing.
Nel corso della propria attività, i cookie di terze parti raccolgono enormi quantità di dati personali relativi agli utenti e alle loro preferenze e interessi, che i big player del mondo dell’advertising ri-utilizzano per prevedere il comportamento dei navigatori e quindi pubblicare annunci fortemente personalizzati.

La questione è semplice: Google ha deciso di bloccare i cookie di terze parti entro il 2023 per chi utilizza il suo browser Chrome. La stessa politica era già stata adottata in passato da Safari e Firefox (dal 2013), senza provocare grossi traumi: l’enorme differenza è che Chrome è di gran lunga il browser più diffuso al mondo (66,6% del totale a novembre 2021, secondo W3Counter), e questa decisione è praticamente una condanna a morte per i cookie di terze parti: per capirci, come quando Apple decise di bannare le animazioni in Flash, decretandone l’estinzione.

Perché lo sta facendo?

Le motivazioni ufficiali sono espresse in un post apparso nel Chromium blog il 14 gennaio 2020: “Users are demanding greater privacy – including transparency, choice, and control over how their data is used – and it’s clear the web ecosystem needs to evolve to meet these increasing demands”. Non è un mistero che da anni Google stia puntando tutto su una weltanschauung privacy first, perlomeno a parole.

Come spiega Cookiebot: “Il progetto di Google di abbandonare i cookie di terze parti in Chrome fa parte di una più ampia strategia di creazione di una piattaforma della privacy con standard trasparenti per il tracciamento degli utenti, tutelandone al contempo la privacy”. Il riferimento è alla cosiddetta Privacy Sandbox, il grande laboratorio che punta dichiaratamente ad un web più privato e allo stesso tempo più aperto.
È però evidente a tutti che, anche se Google sostiene di voler fare questo passo per tutelare la privacy degli utenti, potrà comunque trarne un vantaggio competitivo enorme rispetto a tutti gli altri advertiser, che oggigiorno dipendono quasi esclusivamente dai cookie di terze parti e domani potrebbero rimanere letteralmente “in braghe di tela”.

Ce la farà entro il 2023?

Non è così scontato, e su eventuali violazioni dell’antitrust da parte di Google stanno investigando sia la Commissione Europea che la Competition and Markets Authority del Regno Unito. Ma ormai il processo è intrapreso e difficilmente Google tornerà sui propri passi.

È la fine del tracciamento degli utenti?

Assolutamente no. I cookie di terze parti sono solo una delle molte tecnologie che vengono usate per effettuare un tracking costante e invasivo degli utenti digitali. Le indagini di cui sopra sono volte per l’appunto a comprendere con quali strumenti Google intenda sostituire i cookie di terze parti e a determinare la loro liceità o meno. Non dimentichiamo poi che i cookie di prime parti – che tracciano i dati di base di ogni sito proprietario – continueranno a essere utilizzati e non bloccati da Chrome.

Quali sono le conseguenze del “phase out”?

Il mondo dell’advertising online potrebbe venire stravolto.

Quasi tutti i principali player nel mondo della pubblicità online hanno sempre usato i cookie di terze parti per distribuire agli utenti inserzioni altamente personalizzate, attraverso una molteplicità di canali: dai siti di informazione, ai social media, all’universo delle app. Google stessa lo ha sempre fatto, prima di cambiare rotta.

Secondo un recente sondaggio di GetApp riportato da HubSpot, in seguito all’annuncio di Google, la reazione del mondo del marketing digitale è stata la seguente:

  • Il 41% dei marketer ritiene che la sfida maggiore sarà l’incapacità di tracciare i dati correttamente;
  • Il 44% prevede di dover spendere tra il 5 e il 25% in più per ottenere gli stessi obiettivi del 2021;
  • Il 23% pensa di investire in software di email marketing per far fronte alla svolta di Google.

Cosa fare per non venire travolti?

Se non sei un marketer che basa le proprie strategie sull’advertising e sull’utilizzo di cookie di terze parti, allora questo cambiamento non sarà così impattante sul tuo lavoro.
In caso contrario, bisognerà comprendere quali soluzioni alternative arriveranno da Google (che sta testando la tecnologia FLoC) e dagli altri publisher, e nel frattempo iniziare ad immaginare altre strategie:

  • Virare su modelli pubblicitari basati su cookie di prime parti, per esempio affidandosi a fornitori che pubblicano le inserzioni sui loro stessi siti.
  • Focalizzarsi su altri modi per raggiungere i propri clienti (o potenziali tali). Le strategie basate sui contenuti, da veicolare attraverso svariati canali (sito, blog, app, social, email marketing) possono essere una valida alternativa, con risultati più sostenibili nel tempo e la possibilità di costruire relazioni di lungo periodo con la propria base utenti.

Come sostiene HubSpot in un lungo ma interessante articolo: “Do we really need to panic? The truth is, Google Chrome’s privacy efforts could heavily impact some areas of the marketing and advertising space, while other tactics will still stay pretty much the same. […] Lastly, to make your brand as safe as possible from future governance or monopoly-related policies, brainstorm even more basic strategies that you can still use to reach your audiences even without cookies, hyper-targeted ads, or mass amounts of data. This will allow you to be less vulnerable to technology, even when you can benefit from the latest tracking software”.

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Alberto Mariutto
Inbound Marketing Strategist

Inbound Marketing Strategist di Intesys, Alberto accompagna i clienti nello sviluppo di progetti di Digital Marketing che siano in grado di raggiungere gli obiettivi di business, e al contempo permettano agli utenti di soddisfare i propri bisogni o desideri.

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