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“Maledetto algoritmo di Facebook!”

Chiunque abbia gestito una pagina social su Facebook e abbia studiato un po’ di tecniche per farla crescere, si sarà espresso almeno una volta con l’esclamazione di cui sopra – se non qualcosa di peggio.

Uno dei problemi di Facebook – ma anche di molti altri social network che ne seguono la filosofia e i meccanismi – è che i nostri contenuti non arrivano agli occhi delle persone.
Una comunicazione di servizio? 500 visualizzazioni. Un link ad un prodotto del nostro ecommerce? 300 visualizzazioni. Se la nostra pagina ha, immaginiamo, 10.000 seguaci, la cosa risulterà sicuramente seccante e darà senz’altro a comunicatori ed investitori l’idea di star sprecando tempo e parole. E anche soldi, visto che Facebook ci ricorda alacremente che “per raggiungere più pubblico, puoi creare una inserzione a pagamento!”.

In realtà il sistema di distribuzione dei contenuti non è così cattivo come sembra, ma è obbligatorio fare un passo indietro in questa storia.
Come molti sapranno, Facebook e diversi altri social network adottano un algoritmo che sceglie autonomamente come distribuire i nostri contenuti e a chi distribuirli. Dimentichiamoci che il nostro contenuto possa piovere immediatamente a tutti i nostri fan, perché il processo è il seguente:

  1. Il contenuto viene distribuito ad una piccola nicchia, in buona parte costituita dalle persone che interagiscono maggiormente con il brand e da alcuni utenti casuali.
  2. Se il contenuto inizia a ricevere clic, reazioni, commenti e condivisioni, questo trasmetterà al social l’idea di essere qualcosa di qualità. L’algoritmo giudica il post come meritevole di diffusione e lo distribuisce ad un’altra piccola fetta di utenza, coinvolgendo talvolta anche utenti che non seguono affatto la pagina. La pagina cresce!
  3. Il processo si ripete all’infinito. Se il contenuto è di qualità ed è interessante, riceverà un elevato tasso di interazioni ed è possibile che possa essere diffuso anche alla quasi totalità dei followers della pagina senza spendere un centesimo.

Questa era la parte bella della storia. Ora, il boccone amaro.
La verità è che non si possono produrre sempre contenuti dal successo strepitoso, che solitamente sono di puro intrattenimento e/o hanno importanti spunti di dialogo. Intrattenere crea fedeltà e vicinanza al brand, ma prima o poi bisognerà proporre anche dei contenuti che possano convertire in qualche modo.

Ma perché questo sistema più complesso? La risposta è semplice, ma voglio affrontarla controbattendo con una questione: cosa accadrebbe senza un algoritmo del genere?

Semplicemente, riceveremmo ogni singolo post di ogni pagina e persona a cui abbiamo messo segui/mi piace/eccetera. Sì, anche i post di quel negozietto di bigiotteria della zia della morosa, che gentilmente ci aveva chiesto l’anno scorso di mettere il mi piace alla pagina per farla crescere un po’.

Ora, immaginiamo che a noi, dei post imbastiti dall’ingenua signora del negozio di bigiotteria non interessi affatto. Questa cosa non passa inosservata: il social lo sa, lo sa che non ci interessa!
Dopo qualche tentativo di proporci i suoi contenuti, cosa succederà? L’algoritmo ci rinuncia e la povera paginetta, come conseguenza, vede ridursi la sua distribuzione gratuita (organica, in termini tecnici) a cifre minime.
Ogni volta che un social dà fiducia ai contenuti delle nostre pagine, e questi contenuti non hanno successo, l’algoritmo se ne ricorderà, e la prossima volta mostrerà quei post a qualcun altro o, più probabilmente, a meno persone.

Non c’è davvero nulla di male. L’obiettivo di un social network è proporci contenuti sempre più vicini ai nostri interessi. Se seguiamo 150 pagine, abbiamo 600 amicizie e scorriamo la homepage di un social per cinque minuti, quanti post possiamo vedere? Venti? Trenta? Se ogni profilo (pagina o persona) avesse pubblicato qualcosa, ci perderemmo sicuramente qualcosa di importante senza un algoritmo che ne controlli la pertinenza. Oppure dovremmo perdere un’ora ogni volta per aggiornarci su ogni singola persona e pagina…

Per questo motivo esiste un algoritmo e, arrivati qui, avremo capito che è meglio che esista. È un sistema che gioca un po’ con noi proponendoci ogni tanto qualcosa di un profilo o una pagina e vedendo se ci piace. In caso positivo, state pur certi che rivedrete altri contenuti di quel tipo in futuro. In caso negativo, quel flusso di contenuti inizierà lentamente a costruirsi il proprio recinto felice altrove.

Quindi, alla fine della storia, come si fa crescere una pagina social portandola al successo? Qualcuno dirà: “Con i contenuti di qualità”!
Risposta corretta ma non completa: c’è una regola alla base che, se non seguita, rende inutile anche la qualità: bisogna interagire col pubblico giusto.

L’errore che la povera pagina di bigiotteria ha commesso in primo luogo, ingenuamente, è stata andare a pescare followers un po’ dove capita, senza considerare che un pessimo seguace è molto peggio di un seguace in meno!

Esempio time.

La mia pagina Facebook ha 1.000 fan.
800 sono raccolti tra persone disinteressate, magari conoscenze o attività di advertising con target sbagliati; 200 sono persone realmente interessate.
Se pubblico qualcosa, è altamente probabile che in quella piccola fetta di persone che riceve il messaggio ci sia più pubblico disinteressato. E davanti ad un pubblico disinteressato, le prove da superare sono due:

  1. Il contenuto deve essere di qualità
  2. L’argomento espresso deve essere interessante

Anche se il pubblico disinteressato dovesse apprezzare la qualità del post (immaginiamo che sia un video o un post canvas o carousel, di sicuro impatto a prescindere dall’argomento), essendo disinteressato, non interagirà. E noi non solo avremo sprecato energie e tempo, ma potremmo anche essere penalizzati in futuro nella distribuzione dei contenuti.

Un pubblico selezionato ed interessato, invece, ha un grande vantaggio per noi: anche se il contenuto non è di super qualità, potrebbe interagire lo stesso perché è più interessato all’argomento! Gli ostacoli da superare, in questo caso, sono molto più bassi e, in definitiva, raggiungere la copertura totale del pubblico senza dover pagare spazi pubblicitari può risultare possibile.

Ancor prima dei contenuti di qualità, questo è il primo passo per una attività social di successo. Radunare non tante persone, ma le persone giuste. Non importa se con il proprio sudore o, più velocemente e facilmente, tramite advertising. L’importante è non lasciarsi ubriacare dal contatore dei followers, ma solo dai risultati che realmente hanno importanza.

Less is more
[Ludwig Mies van der Rohe]

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Un commento

  • Nanni ha detto:

    Anche perché, parliamoci chiaro, il maschio medio che mette il like alla pagina di intimo femminile solo per veder comparire nella bacheca le foto delle modelle non è scontato che compri il prodotto poi, anzi.

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