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Gli effetti della crisi pandemica hanno spinto le aziende ad accelerare le iniziative di trasformazione digitale per adattarsi al cambiamento del mercato e ai nuovi comportamenti degli utenti. La pandemia, infatti, ha generato un contesto sempre più complesso, in cui alla crisi economica si aggiungono quella sanitaria e quella sociale: accelerare la digitalizzazione del business è diventata non solo un’opportunità per crescere, ma un’esigenza per migliorare la capacità di resilienza delle aziende, che si è scatenata con urgenza nel 2020 e continua a interessarci tutt’ora.

La crisi pandemica mette il cliente al centro

La nuova ondata di digitalizzazione diventa cruciale per preservare il business nel contesto pandemico, ma anche in ottica di vantaggio strategico post-pandemia, dato che:

  • Le distanze sociali si sono allungate: la chiusura di tanti commerci al dettaglio e le forti limitazioni sui viaggi hanno reso più difficile interagire con i clienti di persona, sia nel B2C che nel B2B;
  • I clienti vogliono poter essere autonomi: in assenza (o limitazione) di un’interazione in presenza, le persone sono diventate più brave a sfruttare gli strumenti digitali per accedere a prodotti e servizi, stimolando la crescita delle modalità self service;
  • Le architetture digitali devono evolvere: i Customer Journey devono essere strutturati creando un ambiente digitale sempre più omnicanale e fluido, e le architetture IT dell’azienda devono essere adatte a gestire i diversi canali di interazione.

Di conseguenza, le priorità strategiche delle aziende hanno virato sempre di più verso una direzione cliente-centrica e di servizio, lasciandosi alle spalle la focalizzazione sul prodotto: la necessità (e la difficoltà) di creare e alimentare le relazioni deve portare a mettere il cliente al centro dell’innovazione dei processi e della tecnologia.

È ormai chiaro che quello che stiamo vivendo non è un momento di crisi passeggera, bensì una fase di grande cambiamento dalla quale non si tornerà più indietro: investire in processi di trasformazione digitale e in tecnologie che abilitino il cambiamento è fondamentale per preservare la propria competitività anche nel prossimo futuro.

Strumenti e tecnologia per innovare i servizi digitali

Dal 2020, lo sviluppo di prodotti e di servizi digitali ha subito una netta accelerazione per migliorare il customer engagement e supportare gli obiettivi di business: i dati permettono di conoscere sempre meglio le abitudini e le necessità dei propri utenti, su cui progettare ambienti digitali accoglienti che offrano un’esperienza utente coinvolgente, compensando il gap lasciato tra brand e cliente dal distanziamento sociale.

Secondo una ricerca del 2021 effettuata dall’università di Padova e dalla Ca’ Foscari di Venezia, le aziende hanno accelerato il loro uso di tecnologia digitale sia sugli strumenti che già avevano a disposizione, sia su quelli, come la videoconferenza, che prima della pandemia non erano molto usati.

Ai servizi offerti dalle aziende oggi viene chiesto di essere disponibili su diversi canali (anche di terzi), 24/7 e in ogni luogo: una sfida importante a livello di User Experience, che deve essere supportata da un’adeguata infrastruttura tecnologica. Si apre in questo modo una finestra d’opportunità per la crescita delle aziende per sfruttare a proprio vantaggio strumenti come:

Le difficoltà di evolvere la propria architettura digitale

Se la spinta alla digitalizzazione non è di certo una novità per le aziende, nello scenario pandemico muta la velocità e il ritmo del cambiamento. La necessità di rinnovare la propria architettura digitale è il punto di partenza per rispondere velocemente alle richieste del mercato e favorire:

  • la creazione di un’esperienza omnicanale fluida e senza frizioni;
  • l’innovazione di servizi digitali per avvicinarsi alle nuove abitudini degli utenti;
  • l’integrazione rapida dei propri sistemi IT;
  • l’integrazione con sistemi IT terzi per offrire servizi digitali a valore aggiunto;
  • la creazione di modalità self-service per gestire attività che prima erano tipicamente intermediate;
  • la riduzione dei costi IT.

Un percorso non privo di sfide, dato che per la maggior parte delle organizzazioni i sistemi legacy, gli applicativi esistenti e i data silos continuano a costituire un freno che rallenta le iniziative di trasformazione digitale a causa della difficoltà d’integrazione.

I sistemi legacy, infatti, comportano diversi problemi a livello di manutenibilità, scalabilità, rischio di failover e difficoltà di adozione delle moderne metodologie di sviluppo software (DevOps), risultando:

  • Lenti ad evolvere;
  • Difficili da aggiornare;
  • Costosi da mantenere.

Migrare verso un’architettura flessibile partendo da Fast Data

Per favorire la crescita del business e l’adattamento alle nuove abitudini degli utenti, gli sforzi dell’IT devono tendere a favorire l’integrazione con i propri sistemi e con quelli di terzi, migrando verso un’architettura flessibile, basata su API e microservizi, capace di adattarsi velocemente al mercato.

Il primo passo per evolvere in tal senso è legato al disaccoppiamento dei dati tra i sistemi legacy e i canali di frontiera, per distribuire informazioni utili e sempre aggiornate in tempo reale. La soluzione Fast Data di Mia-Platform, basata su Kafka, Mongo e Kubernetes, si inserisce in questo contesto, prevenendo il sovraccarico dei legacy attraverso la creazione di una copia di dati in near real time aggregati secondo le esigenze di business, che permette di:

  • Semplificare le integrazioni applicative;
  • Creare esperienze digitali nuove e avanzate per gli utenti.

L’adozione del Fast Data può avvenire gradualmente, selezionando un’esigenza di business, un sistema legacy e un singolo canale di frontiera: un approccio che ci permette di misurare effettivamente le performance del flusso dati rispetto ai sistemi esistenti (Enterprise Service Bus o API gateway).

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Paolo Quaglia
API strategist e IT expert

Oltre 20 anni di esperienza in Intesys nell’IT, applicata ai servizi e alle architetture per le aziende, consentono a Paolo di accompagnare CIO e IT manager in complessi progetti di Digital Transformation.

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