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Per gusto personale seguo Luisa Carrada fin dai tempi del suo primo sito, “il mestiere di scrivere”. Mi è sempre piaciuta, mi è sempre piaciuta la sua capacità di utilizzare la parola scritta con consapevolezza, non solo nel rispetto delle regole formali, ma di tutti gli aspetti che contribuiscono a fare di un testo uno strumento versatile, efficace e piacevole. Tutti i giorni ci sono infinite occasioni che mi riportano ai suoi consigli e alle sue riflessioni, quando mi destreggio tra le trappole del burocratese di un bando di gara o in una mattina qualunque quando mi sorprendo fermo all’impianto semaforico.

Tanto è stato detto in merito ai meccanismi che generano il linguaggio che indichiamo con il neologismo “burocratese”, fenomeno profondo e dalle cause molto articolate. Sicuramente un ruolo lo giocano gli automatismi e i comportamenti ereditati, che allontanano dallo scopo primo per cui si scrive, che dovrebbe essere farsi capire con immediatezza dal destinatario del messaggio. 

Le parole, in quanto strumento primario di interazione, rappresentano perfettamente quello che succede con tutti gli altri strumenti che mettono in relazione le persone.

I processi di riscrittura dei testi – che se guardano al bisogno del destinatario, ci fanno preferire “telefonare” a “richiedere telefonicamente” o “portare la carta di identità” anziché “esibire un documento di riconoscimento” – sono un’ottima metafora anche per la riscrittura dei processi informatici, l’altro mezzo con cui oggi ci si relaziona.

Visto che la tecnologia ci ha abituati ad un tono ancora più amichevole, immediato, senza filtri, il processo di “riscrittura” dovrebbe essere ancora più radicale e determinato.

Leggere una circolare in Times New Roman carattere 8 che recita “ella si dovrà recare” ormai siamo abituati ad accettarlo. Dover andare di persona nel nostro comune per compilare un modulo prestampato o fare la fila ad uno sportello per semplici operazioni vorremmo, invece, evitarlo: e così mille altri esempi di interazione, che potrebbero essere snelliti dalla digitalizzazione, il cui cardine è una rivoluzione copernicana che consiste nel disegnare le procedure partendo dai bisogni e dal punto di vista del destinatario, sia esso interno o esterno alla nostra organizzazione.

L’efficienza, la trasparenza, la vicinanza – oltre che dalla chiarezza delle parole che scegliamo – sono determinate oggi anche dal grado di digitalizzazione che adottiamo. Il problema non è la mancanza di tecnologia, come non è la mancanza di efficienza della scrittura in sé, ma soltanto da come progettiamo il testo e dal punto di vista in cui decidiamo di porci.

La PA risulta inefficiente quando è lontana dalle persone, la digitalizzazione è la strada per ridurre questa distanza (T. Boeri)

P.S. sono consapevole che aver citato Luisa Carrada mi espone a subire il commento: e non hai imparato a scrivere? La scusa è che scrivo di getto e pubblico senza revisione 😉 

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